domenica 6 maggio 2007

recensione del libro "Penezic e Rogina digitalizzazione della realtà"


Architettura per l’era digitale
di Emmanuele Gianessi

Nigel Whiteley,
Penezić Rogina
Digitalizzazione della realtà,
Edilstampa, Roma, 2007, (pp.93)



Nigel Whiteley ci presenta Penezić e Rogina attraverso un testo suddiviso in quattro “realtà”, di cui ognuna rappresenta qualcosa come un sistema di valori, che si sovrappongono e relazionano nel tempo e nello spazio, evitando in questo modo un approccio cronologico che descriva un edificio dopo l’altro, ma al contrario cercando di collocare la discussione del loro lavoro nel contesto dei valori culturali e storici vissuti dai due progettisti.
Penezić e Rogina sono degli entusiasti della tecnologia informatica, e sono impegnati a rinnovare la tradizione dell’architettura come l’abbiamo tradizionalmente concepita, ma non appartengono ad una generazione di architetti “nati con il computer”, il viaggio del libro parte infatti da un po’ più lontano; iscritti alla facoltà di Zagabria nel 1977 “appartengono a una generazione per la quale il pop era un’espressione vitale e autentica”, e “Pop e Cambiamento” è il nome della “prima realtà”, in cui l’autore intende sottolineare l’influenza che gli Archigram e Cedric Price, e i testi di Reyner Banham e Charles Jencks, avranno sui due giovani progettisti. Il progetto maggiormente rappresentativo di questa realtà è la piscina di Mladost a Zagabria, che, visto come un collage di riferimenti architettonici attraverso il tempo e lo spazio, “annuncia l’arrivo di un nuovo paradigma d’architettura nella ex Iugoslavia”, ma aldilà della qualità i questo ed altri dei loro primi progetti influenzati dalla cultura pop, ciò che interessa a Whiteley è dimostrare come questa sperimentazione gli permise di sviluppare idee ed esperienze così che, “quando la digitalizzazione divenne possibile, c’era un deposito creativo di idee da cui poter attingere”.



Un viaggio in Giappone e la scoperta di un architettura in cui “il vuoto poteva essere pregnante piuttosto che un’assenza di stimolo sensoriale”, porta Penezić e Rogina a contatto con una seconda realtà, chiamata “Modernismo e Continuità”, in contrasto con quella pop, e dopo un successivo viaggio in Finlandia i loro progetti, in particolar modo quelli religiosi, sono permeati di un’estetica modernista “finlandese” che “permette ad architettura e natura di intrecciarsi e influenzarsi reciprocamente”; un modernismo che secondo all’autore non viene utilizzato come uno stile ma come un’etica di continuità. Una “realtà” che ha permesso agli architetti di lavorare con, piuttosto che semplicemente nella tradizione, e che forma un continuum con la prima sottolineando l’approccio “and / and” dei due architetti, che dà la stessa rilevanza a sistemi di valori differenti, anche opposti, ma che tratta ogni sistema di valore criticamente e con rispetto.



Un concetto fondamentale per Whiteley è dimostrare come progressivamente una nuova realtà o iperrealtà, chiamata “Oltre il Tempo e lo Spazio”, intaccò progressivamente il pensiero di Penezić e Rogina, fino a catapultarli dritti al centro della Quarta Età della Macchina, caratterizzata dalla inter-connettività , dall’inter-relazione, dall’interfaccia. Una realtà in cui la tecnologia elettronica contemporanea si rivelava molto più vicina a una concezione della natura “continua, vivente, adattiva e inclusiva”, che alla cultura architettonica tradizionale, superando infine ogni distanza convenzionale tra natura e tecnologia ; di conseguenza ecco apparire nei progetti e soprattutto nei concorsi dei due progettisti una modellazione naturale e autosimilare, priva di scala, tipologia e stile, ed ecco l’abbandono di materiali convenzionali a favore di “schiuma d’acciaio disarmabile e vetro liquido sensibile”. Avviene quindi nei due una presa di coscienza che “la civiltà dell’immagine dovrebbe far posto a una cultura più sensibile ( audio-tattile ), dove movimento velocità e misura diventino irrilevanti”, di coneguenza l’architettura ha bisogno di riorientarsi per divenire “un medium di trasmissione della realtà fenomenologica”.






Accanto alla terza realtà se ne sviluppa un’altra, chiamata “Spazio e Tempo Reale”, ed è data dalle conseguenze della guerra per l’indipendenza croata, dentro ad essa nasce l’edificio “Block 21 A” a Vukovar, definito dall’autore come un “monumento”, che commemora la storia attraverso la sua presenza architettonica in un certo tempo e in uno spazio/luogo specifico, è efficace dal punto di vista funzionale e sociale, ma non si tratta di un edificio che va bene ovunque con un design anonimo, perché trae la sua forza immaginifica in un luogo e in un contesto particolare. Ma l’edificio più interessante è probabilmente il “Generatore Multisensoriale” che Penezić e Rogina hanno progettato per una piazza della città di Saint-Etienne, un’attrezzatura interattiva multisensoriale che risponde alla presenza del pubblico fornendogli stimoli visivi, sonori, olfattivi e tattili, “ un ambiente elettronico dove i bits prendono il posto dei mattoni, l’informazione prende il posto della malta, le interfacce prendono il posto dei muri…”, e per ciò è visto da Whiteley come sintesi della terza e quarta realtà.




I due architetti quindi ci vengono proposti come artisti che stanno ostinatamente seguendo la discontinuità, continuando a rompere, addirittura atomizzare, gli oggetti che hanno precedentemente connesso, ed è forse ciò che rappresenta meglio la loro padronanza della sostanza della tecnologia informatica; “Penezić e Rogina sono legati alla tecnologia informatica, ma non a una architettura omogeneizzata dalla tecnologia informatica”, essa quindi sarà per loro sempre un mezzo piuttosto che un fine.

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